Il termine più utilizzato e anche abusato del 2023 è “Intelligenza Artificiale“. Anzi, insieme a queste due parole c’è anche “rivoluzione“. E il bello è che sono utilizzate sempre legate tra loro. Oltretutto, si continua a fare sempre lo stesso errore quando si parla di AI: non sappiamo cosa è eppure continuiamo a riferirci a lei come se fosse qualcosa di tangibile, contabile. Non è così e vi voglio spiegare perché.
Basta dire “questa intelligenza artificiale fa questo”: non esiste “una” AI
L’intelligenza artificiale (AI) è un argomento che affascina e, allo stesso tempo, genera confusione. Non esiste una definizione univoca di AI, poiché il campo è in costante evoluzione e si espande con l’emergere di nuove tecnologie e applicazioni. Questa mancanza di una definizione stabile e universalmente accettata rende la comprensione dell’AI un percorso complesso.
Marvin Minsky, un luminare nel campo dell’intelligenza artificiale, ha introdotto in “The Emotional Machine” il concetto di “parole-valigia” per descrivere termini che racchiudono un’ampia gamma di significati. Questo termine si adatta perfettamente all’AI, un campo che continua a evolversi e a sfidare le nostre aspettative. La varietà di interpretazioni e aspettative legate all’AI è ulteriormente amplificata dall’influenza della fantascienza, che ha spesso dipinto immagini di AI umanoidi e scenari futuristici, distorcendo così la percezione pubblica di cosa sia realmente l’intelligenza artificiale.
Un aspetto fondamentale dell’AI è il concetto di “intelligenza ristretta“. Diversamente dall’intelligenza umana, che è estremamente versatile e adattabile, l’AI è generalmente progettata per eseguire compiti specifici. Ad esempio, un algoritmo di gioco di scacchi potrebbe essere estremamente efficace nel suo ambito, ma incapace di eseguire altre funzioni semplici come filtrare spam o guidare un’auto. Questa specializzazione rende il confronto diretto tra diverse AI in termini di intelligenza poco pratico e spesso fuorviante.
Inoltre, è importante riconoscere che l’AI non è un entità singolare, ma piuttosto un insieme di concetti, problemi e metodi. Paragonare l’AI a discipline come la matematica o la biologia può aiutare a comprendere la sua natura complessa e multifaccettata. Considerando l’AI come un campo di studio piuttosto che come un’entità singola, possiamo iniziare a capire la sua vera natura e il suo impatto potenziale sulla società.
E soprattutto, possiamo evitare di continuare a sbagliare perché non esiste “una” intelligenza artificiale. Polemiche a parte, questo concetto è molto importante da comprendere perché così facendo possiamo anche capire da quali fonti è sicuro informarsi. Io, ad esempio, evito come la peste giornali o articoli che mi rifilano titoli come “Questa AI ti permette di fare questo o quello“.
L’AI è una disciplina scientifica, non un qualcosa da inserire all’interno di una dicotomia “sì/no”. Detto ciò, la comprensione dell’AI richiede quindi un approccio sfaccettato e una mente aperta. Mentre esploriamo questo campo intrigante, è fondamentale distinguere tra le rappresentazioni fantasiose e le reali capacità delle tecnologie AI attuali.