Il verso “boo” è indissolubilmente legato alle apparizioni spettrali, evocando paura e mistero. Tuttavia, l’associazione tra questo suono e i fantasmi ha radici storiche recenti e intricate. Per comprendere appieno l’evoluzione del “boo”, è necessario esplorare le sue origini nelle antiche tradizioni scozzesi e il suo successivo legame con il movimento dello spiritualismo nel XIX secolo. Esatto, c’è da fare un po’ di ripasso di storia.
Boo: l’urlo di paura che viene dalla Scozia
Le origini del “boo” come suono spaventoso affondano le radici negli altipiani scozzesi. Sebbene il termine fosse già diffuso da secoli per incutere timore, è solo a partire dal 1800 che si è stabilita un’associazione diretta tra questo verso e le entità spettrali (molto prima di Halloween). In precedenza, i fantasmi letterari erano noti per la loro eloquenza e le apparizioni spettacolari, come testimoniano le opere di Euripide e Shakespeare.
Nel Medioevo e fino all’inizio dell’epoca moderna, la parola “boo” era utilizzata principalmente per attirare l’attenzione, senza necessariamente evocare paura. Un antico proverbio scozzese, “Non riesce a dire ‘bo’ a un’oca” (he can’t say bo to a goose), utilizzava il termine “bo” per denotare il coraggio, suggerendo che qualcuno fosse troppo timido persino per attirare l’attenzione di un volatile.
Già nel 1738, lo scrittore scozzese Gilbert Crokatt menzionava “boo” come un suono utilizzato negli altipiani scozzesi per spaventare i bambini piangenti. Qui, infatti, termini come “bu” o “bo-kow” evocavano creature spaventose, come spauracchi o demoni. Anche la parola “bogey” (da cui deriva “bogeyman”) ha origine in questo contesto, associata a spiriti e entità malvagie.
Queste radici scozzesi, unite alla presenza di vocaboli simili in altre culture celtiche, hanno contribuito a rendere “boo” un suono sinistro perfetto per i fantasmi.
La “svolta” del suono spaventoso
L’uso di “boo” da parte dei fantasmi ha conosciuto il suo vero boom con l’avvento dello spiritualismo nel XIX secolo. In quel periodo, la società occidentale era affascinata dal soprannaturale: si cercava di comunicare con i defunti, studiosi tentavano esperimenti macabri per “resuscitare” i cadaveri, e le atmosfere gotiche si diffondevano nella letteratura.
Era comune che medium e chiaroveggenti utilizzassero suoni inquietanti come parte dei loro riti, contribuendo a dare ai fantasmi un “linguaggio” proprio. Anche le autorità segnalavano un aumento delle apparizioni spettrali, spesso provocate da burloni mascherati che si aggiravano nei cimiteri.
La parola “boo” cominciò quindi ad apparire nei racconti di fantasmi, come in una scenetta comica di “Punch and Judy” del 1863 (potete vedere il contesto qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Punch_e_Judy), in cui un fantasma non fa altro che spaventare Punch urlando “boo” in modo sempre più crescente.
Questo conferì al suono una connotazione immediatamente associata al mondo degli spiriti, proprio mentre Halloween e altre tradizioni celtiche venivano esportate oltreoceano dagli immigrati scozzesi e irlandesi.
Ma quindi, perché proprio “boo” è diventato il tratto distintivo dei fantasmi? Probabilmente perché linguisticamente è breve, secco e facilmente riconoscibile come un suono minaccioso. Inoltre, la sua origine scozzese ha contribuito alla sua diffusione nel folklore anglosassone, grazie all’influenza delle tradizioni celtiche.
Dalla metà dell’Ottocento in poi, infatti, “boo” era ormai entrato a pieno titolo nel lessico delle creature ultraterrene, definendo un nuovo modo per spaventare: non più con lunghi discorsi, ma con un semplice, diretto e agghiacciante “boo”.