Il significato di nerd, ormai, lo conoscono un po’ tutti. Soprattutto negli ultimi anni, è diventata una parola di uso comune e non è affatto raro sentirla in televisione o leggerla sui social. Ma cosa mi dite, invece, del significato del termine otaku? Cosa significa Otaku?
Sono convinta che, anche in questo caso, molti di voi sanno di cosa io stia parlando ma lasciate ugualmente che vi delinei uno scenario… Immaginate un fumetto, uno particolare, diverso dalla linea grafica ed editoriale di quelli americani, senza colori e da leggere al contrario.
Immaginate della musica in sottofondo, non italiana o inglese o spagnola, ma giapponese, dai ritmi incalzanti e quasi impossibile da cantare. E poi, arrivata la sera, ben due alternative: la visione di un anime (cartone animato giapponese) che da’ finalmente un po’ di colore a tutti quei disegni visti nel relativo manga, oppure scegliere qualcosa di più attivo e dedicarsi a un videogioco (anche questo, ovviamente, nipponico).
Ebbene, abbiamo delineato la perfetta giornata di chi si definisce, appunto, otaku, ossia una persona che ama manga, anime, videogames e tutto ciò che riguardi il Giappone e la sua cultura. Come succede spesso quando c’è di mezzo una lingua straniera, però, la maggior parte delle volte i termini sono usati a sproposito da chi non ne conosce la valenza culturale. È il caso della parola otaku. Per cui, vediamo insieme in cosa consiste veramente la cultura otaku in Giappone.
Il significato di Otaku
Mentre in Occidente questa parola ha assunto una connotazione tutto sommato positiva, una quasi “sotto-categoria” del genere nerd, per indicare chi ha una passione specifica e ben delineata, in Giappone, invece, le cose funzionano in maniera un po’ diversa.
Letteralmente, la parola otaku significa “casa”, termine che ha assunto una valenza sarcastica quando, negli anni ’80, il giornalista Akio Nakamori l’ha usato per riferirsi a chi tendeva ad evitare qualsiasi tipo di rapporto sociale per preferire la semioscurità della propria dimora, circondato solo da manga, dakimakura e action figures.
Per non evitare sessismi inutili, era stata ideata anche una caricatura femminile: e cioè una ragazza schiva, dall’aspetto cupo e poco attraente che nasconde una passione sfrenata per gli shonen-ai e gli yaoi (chiamata anche fujoshi in alcuni casi, leggi qui per approfondimento) e passa le giornate a giocare ai dating sim (“simulatore di appuntamenti”).
Per un paese come il Giappone, dove l’opinione pubblica ha un peso non indifferente nella vita di tutti i giorni, un otaku non è altro che un disadattato con manie ossessive. Eppure, tutto ciò, sembrerebbe un controsenso dal momento che tutti gli appassionati del genere, sanno quanto la cultura otaku occupi un posto non indifferente nell’economia giapponese. Basti pensare al famoso quartiere di Akihabara, che deve parte della sua fortuna proprio agli appassionati del merchandising.
Forse è proprio grazie a questa importante valenza economica che lentamente, come per il termine “nerd”, anche per gli otaku le cose stanno cambiando, persino in patria. La connotazione negativa rimane, infatti non è raro vedere anime in cui, per insultare quelli che noi riterremmo semplicemente “secchioni”, si usa il termine incriminato, oppure anche protagonisti otaku che cercano in tutti i modi di nascondere la propria natura ad amici e colleghi, vergognandosi di ciò che sono e delle proprie passione (per fare un esempio, l’anime “Otaku ni koi wa muzukashii”, trad. lett. “L’amore è complicato per gli otaku”).
Tuttavia sembra che la società nipponica stia iniziando ad accettare questa sorta di subcultura come parte integrante della propria identità. La già citata Akihabara e Ikebukuro non sono le uniche occasioni di incontri per gli otaku: gli appassionati di videogiochi saranno entusiasti del Tokyo Game Show, una delle più grandi fiere dell’Asia dove gli sviluppatori mostrano in anteprima i giochi che stanno per essere rilasciati sul mercato. Per chi ama i manga, invece, una tappa al Comiket è d’obbligo: il Comic Market è la più grande fiera del fumetto al mondo e si tiene due volte all’anno a Tokyo. Per tre giorni si possono incontrare cosplayer, acquistare gadget rari e conoscere mangaka in erba che pubblicizzano fumetti auto prodotti.
Inutile sottolineare quanto questi eventi siano fonte di indicibili ricchezze per il Giappone, la cui società, proprio in virtù di questo secondo fine, sembra essersi ammorbidita negli ultimi anni a favore dei poveri otaku che, lentamente, cominciano a venir fuori alla luce del sole, affermando la propria passione senza vergogna e timore di essere giudicati secondo un vecchio e comune pregiudizio. cosa significa otaku
Ovviamente, come per tutte le passioni, c’è o ci dovrebbe essere un limite alla “follia dell’uomo” e, la linea che delimita il fanatismo da un innocente e sano amore per qualcosa che è soltanto diverso, diventa spesso troppo sottile per essere colta dall’esterno, tramutandosi, nella maggior parte dei casi, in stupidi pregiudizi. Ciò non accadrebbe se, anziché chiudersi nel proprio mondo, un nerd, un otaku o chiunque altro con una passione così intensa e modellante della propria vita, si predisponga, invece, a condividere, mostrando a tutto il mondo che non c’è nulla di male, perverso o malato in ciò che si fa ma che, semplicemente, è solo poco conosciuto (a tal proposito, leggi la nostra guida per aiutare una HIKIKOMORI qui).
Non demordete, quindi, amici otaku! Non siete soli e la vostra passione è bella e degna di rispetto come quella di chiunque altro. Parlatene quanto più potete, andate oltre gli sguardi perplessi e le sopracciglia alzate. Non chiudetevi nel vostro mondo e condividete con tutti la vostra ricchezza! Solo così il pregiudizio può essere sconfitto, facendo vedere che non c’è nulla da nascondere o qualcosa per cui vergognarsi. Spiegando a chi vi circonda che non siete diversi ma solo unici nel vostro genere.
Paola.