Non si è mai parlato tanto di inquinamento ambientale come in questo periodo. Il motivo? Probabilmente il pianeta Terra non è mai stato tanto inquinato quanto oggi. Eppure, forse (un grande forse), la gente di tutto il mondo ha iniziato a guardarsi intorno. Rifiuti, micro-plastiche, sostanze inquinanti… Gli oceani ne sono pieni, le terre ricoperte e i cieli carichi. Il mondo sta lentamente (ma neanche troppo) trasformandosi in un’immensa discarica a cielo aperto. Non siamo ancora arrivati al punto di non ritorno ma i danni sono comunque ingenti.
Straordinariamente però iniziano a mostrarsi alcune purché flebili risposte alla terribile emergenza. Alcune iniziative, proteste e movimenti sociali che fanno sperare in un futuro migliore, o quantomeno in un mondo più pulito. In particolare la manifestazione messa in moto da Greta Thunberg ha scosso le coscienze di milioni di persone in tutto il mondo. Solo in Italia ben un milione di nostri connazionali ha partecipato allo sciopero salva-pianeta.
Inquinamento made in Italy
Secondo un’assurda convinzione nostrana, l’Italia non produce poi così tanto inquinamento. Ergo sono altri i paesi che dovrebbero iniziare a prodigarsi per diminuire la produzione di sostanze dannose per l’ambiente. Ciò che però molti non sanno è che il nostro bel paese è uno di quelli con l’aria più sporca d’Europa. Il secondo dopo la Germania. Ogni anno infatti circa 85 mila italiani muoiono per malattie legate alla qualità dell’aria che respiriamo.
Oltre alle industrie e ai sistemi di riscaldamento residenziali, la causa principale è da ricercare nell’alto tasso di motorizzazione. Si stima infatti che su 100 abitanti ci siano circa 65 automobili, quasi il doppio rispetto a Francia, Inghilterra e Germania (circa 36). Durante il 2018 ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili o per l’ozono. La città con l’aria più inquinata risulta essere Brescia, dove l’anno scorso i limiti di inquinamento atmosferico sono stati superati per più di 150 giorni.
Un nemico chiamato Plastica
Quando Giulio Natta, a metà del secolo scorso, diede vita all’era della plastica, nessuno avrebbe mai immaginato quanto devastanti sarebbero stati gli effetti sul pianeta. Non essendo un materiale biodegradabile, tutta la plastica prodotta dall’uomo da 60 anni a questa parte, esiste ancora. Il che si traduce in più di 10 miliardi di tonnellate, più di una tonnellata per essere umano.
Uno degli eventi più palpabili, spiazzanti ed inquietanti, provocati dal cattivo smaltimento dei rifiuti, è certamente la formazione delle tristemente famose Isole di Plastica. Una in particolare, la “Great Pacific Garbage Patch” (Grande macchia di immondizia del Pacifico) la quale galleggia in una posizione più o meno stazionaria tra la California e le Hawaii. Si stima sia grande tre volte la superficie della Francia e che sia costituita da circa 100.000 tonnellate di plastica. L’accumulo è stato causato dall’azione di una corrente oceanica: il “North Pacific Subtropical Gyre” (Vortice subtropicale del Nord Pacifico), dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario che ha concentrato i rifiuti in un solo punto.
Il mondo dichiara guerra all’inquinamento della plastica
Negli ultimi anni, molti paesi in tutto il mondo hanno iniziato a prendere provvedimenti per risolvere la disastrosa situazione. Dopo la messa al bando dei sacchetti di plastica da parte del governo keniota, e della plastica monouso in alcune province cinesi, ora anche l’Europa inizia a far sentire la sua voce su questo tema delicato. Il 24 Ottobre dello scorso anno il Parlamento Europeo ha votato per il divieto totale degli oggetti in plastica monouso a partire dal 2021. Tale provvedimento mira ad eliminare principalmente tutti quei prodotti di cui esista un’alternativa (cotton fioc, posate, piatti, cannucce, bastoncini mescola bevande ecc…).
Nonostante la nascita di molti progetti per combattere l’inquinamento e salvare il nostro mondo, c’è moltissimo lavoro da fare, a cui dovremmo partecipare tutti. Spesso ci dimentichiamo di quanto le nostre azioni possano influenzare (nel bene o nel male) la società e l’ambiente circostante. È molto semplice lavarsene le mani pensando che ciò che “faccio io” sia ben poca cosa se confrontato con ciò che “fanno tutti gli altri”. Ma è proprio in quei momenti che dovremmo ricordarci che il mondo è la casa di tutti noi e che quindi ciascuno di noi, nel suo piccolo, ha la possibilità di proteggerlo. Magari portando in piazza milioni di persone, magari facendo la raccolta differenziata, magari semplicemente scattando una foto:
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