Sono passate poche ore dalla conclusione del fenomeno targato HBO, la serie televisiva fantasy ai più conosciuta con il titolo di: Il Trono Di Spade.
I had nothing to do but think, these few days, about our bloody history… (Tyrion Lannister)
Forte del già affermato successo dei libri di George R.R. Martin, la saga audiovisiva è presumibilmente colpevole – secondo molti – di non aver rispettato i tempi dettati dallo scrittore – in quanto conclude un ciclo narrativo che la controparte letteraria, non ha ancora terminato.
Per questo, forse, le controversie circa gli sviluppi della trama non si sono fatti attendere e le ultime due stagioni hanno subito forti critiche per quel che riguarda la direzione e la velocità con cui il racconto è stato mosso.
Lungi dal voler discutere le opinabili scelte degli sceneggiatori (e dei fan), il Trono di Spade è stato, negli anni, un’indiscutibile punto di riferimento sia nel palinsesto di accaniti seguaci che in quello degli spettatori della Domenica sera. I numeri raggiunti dalla produzione sono a dir poco invidiabili e mai si era assistito a un fenomeno del genere per una serie-tv così lunga.
Spulciando sul web, infatti, troviamo anche qualche simpatica comparazione con il mondo cinematografico e proprio una di queste, fa molto riflettere sulla cadenza con cui David Benioff e D. B. Weiss, gli sceneggiatori, hanno voluto spegnere la melodia.
E’ noto, infatti, che D&D, saranno gli autori di una nuova trilogia di Star Wars dopo “The Rise of Skywalker“. Non è chiaro, tuttavia, se i riferimenti a una galassia lontana, lontana, all’interno de il Trono di Spade, siano intenzionali.
Daenerys come Anakin? Parliamone.
La 8×05, infatti, ci aveva mostrato uno scenario apocalittico, dove una furibonda Daenerys metteva a ferro e fuoco Approdo del Re – anche dopo la resa dei soldati Lannister – sacrificando la vita di migliaia di innocenti.
Una scelta decisamente controversa e che nei giorni successivi alla messa in onda è stata fortemente discussa dagli appassionati della saga.
La puntata ha mostrato degli intermezzi che visivamente ci riportano indietro alla “Vendetta dei Sith“; ci sono degli interessanti primissimi piani che si soffermano sul volto combattuto di Daenerys, esattamente come succede ad Anakin Skywalker durante le sequenze successive all’Ordine 66.
Non solo, volgendo uno sguardo al passato dei due personaggi, si scopre una nutrita presenza di similitudini che fanno pensare che forse, gli autori, abbiano davvero tratto ispirazione dal modello Lucas.
La storia di Daenerys, infatti, parla di una giovanissima ragazza senza genitori e ridotta in schiavitù a causa di un baratto ad opera di suo fratello. Durante il suo cammino, coglie l’occasione di sviluppare il suo rapporto con il potere, risvegliando la sua immunità al fuoco e diventando la madre di 3 piccoli draghi. Successivamente, si ritaglia un posto nella società del continente orientale, esercitando la sua influenza per liberare intere civiltà dall’oppressione – talvolta, con la forza.
Arriva all’epilogo della sua scalata con un innumerevole quantità di perdite e un passato segnato dal dolore. Un dolore così forte da causare la sua assolutezza nel voler creare un nuovo mondo e adattandolo alle proprie disposizioni.
“Solo un Sith vive di assoluti, Anakin“, così Obi Wan ammoniva il suo discepolo nell’epilogo della trilogia prequel; se ci fate caso, è quanto succede tra Tyrion, Jon e la bionda Targaryen. La madre dei Draghi è consigliata dai suoi sottoposti ma alla fine cade nella “tentazione” di poter mettere a posto le cose attraverso la strada apparentemente più sicura: quella dello sterminio.
Stiamo parlando, in parole povere, di due giovani individui – Daenerys e Anakin – segnati dall’insofferenza per la guerra e la morte, entrambi detentori di mezzi e facoltà incredibili il cui controllo è relativo, nonché ambiguo.
Anakin è un abile utilizzatore della Forza mentre Daenerys controlla un Drago – che in un mondo Fantasy corrisponde ad esercitare la minaccia di un’arma di distruzione di massa.
Entrambi sono guidati dalla paura della perdita e insieme cadono durante il loro tentativo di mettere le cose al loro posto. Tuttavia, la sottile linea che separa questi personaggi da una ragione obiettivamente condivisibile, dal puro desiderio di esercitare la propria volontà, progressivamente si spezza.
Il tocco finale di questo parallelismo, è dato nella puntata finale in cui non solo vediamo finalmente Daenerys nelle sembianze di un tiranno ma addirittura, riconosciamo dei passaggi completamente sovrapponibili all’opera di George Lucas.
Una su tutte, è quella in cui la temporanea Regina dei Sette Regni, esegue un discorso trionfale e quasi auto-celebrativo, sovrastando il suo esercito da un’altura. Vediamo un forte richiamo visivo di questa sequenza ne “L’attacco dei Cloni” e ancora più marcatamente ne “La Vendetta dei Sith” quando Palpatine argomenta in parlamento sulla nascita della sua “nuova Repubblica”.
Ma è tutto giusto? Può questa similitudine dire tutto a proposito delle scelte narrative ne il Trono di Spade? Nì!
La riflessione ci porta inevitabilmente a guardare altre opere che come Game of Thrones, non sono esenti dall’aver importato tecniche visive e narrative dall’universo Starwarsiano. Sarebbe riduttivo, pensare che GoT abbia inzuppato da una sola minestra – e lo stesso dovremmo dirlo anche di Guerre Stellari. Più in generale, l’occhio fa capolino a produzioni il cui leit motiv è quello dei “cattivi”; anzi, non dei cattivi e basta, ma dei buoni che diventano cattivi o viceversa.
Il Trono di Spade, tra le altre cose da non dimenticare, è una serie-tv, un’opera audiovisiva che al contrario dei film, è soggetta alla serializzazione in episodi – appunto. Subito la mente ci proietta indietro nel tempo, passando attraverso titoli come Lost, Breaking Bad, I Soprano, Heroes, The Walking Dead e via dicendo.
Tutte questi telefilm non provvedono a dei richiami visivi fortemente ancorati alle sequenze di GoT – come nel caso di Episodio 3 – ma mettono tutti in risalto l’utilizzo più o meno omogeneo di uno status quo “oscuro” in riferimento ai personaggi. In particolare, un altro sintomo di questa allegoria, è il fatto che tutti i titoli citati, siano stati molto in voga durante il rispettivo periodo di rilascio.
Emerge una caratteristica fondamentale di quello che oggi è il palinsesto di serie tv e affini: non ci sono più gli archetipi statici di una volta. Non è un caso che uno dei modelli più gettonati degli ultimi tempi sia quello dell’antieroe.
L’Antieroe ne Il Trono di Spade? Un po’ tutti.
Un antieroe, al contrario del classico antagonista, è in realtà un individuo come qualsiasi altro, persino qualcuno in cui potremmo identificarci. Sono le sue esperienze e infine, le sue scelte a portarlo progressivamente alle controverse azioni che fanno di lui/lei un personaggio grigio.
La HBO ha intuito bene il legame di affezione che lo spettatore stabilisce con queste figure. E dunque, è per questo stesso motivo che una serie come Game of Thrones è in grado di tenere incollato allo schermo mezzo mondo, spingendo i fan a restare svegli la notte per assistere all’episodio successivo – nonostante questi ne siano fortemente critici.
Le puntate non devono per forza piacere; non bisogna per forza condividere l’iniziativa di un personaggio finché comunque, sarà in grado esercitare una forte attrazione per i fan che ne vorranno conoscere le conseguenze.
Parliamo di questo misto tra amore e odio che lega gli spettatori ai personaggi di Game of Thrones – potremmo alternativamente chiamarle emozioni – e su questo sentimento, HBO ha dimostrato di essere una grande seduttrice.
Tu cosa avresti fatto al suo posto? Tyrion indaga la coscienza di Jon; una piccola domanda che in poche parole, racchiude il segreto di un tanto acclamato successo, ovvero, la sovrapponibilità dei personaggi. Il gioco dei troni che gioca i suoi partecipanti. Anche Jon, persino Tyrion stesso, forse Brienne, Sansa o chiunque fosse stato in sella a Drogon, durante l’assedio, se minacciato del proprio potere, avrebbe potuto decidere di scagliare le fiamme dell’inferno. Questo contesto delinea una piattaforma dinamica, quasi duttile, della moralità dei personaggi.
Del resto, non siamo nuovi a discutibili accadimenti nell’ambito de il Trono di Spade: ce lo ricorda per esempio, la controversa vicenda che ha portato alla morte Shireen, le Nozze Rosse, la dipartita di Ned Stark e chissà quante altre. Neanche l’operato di Arya è inopinabile. Un susseguirsi di episodi che sottolineano l’imprevedibilità sottintesa nelle intenzioni di tutte le figure che partecipano a questo ciclo danzante.
E aldilà delle caratteristiche discutibili delle ultime stagioni, si tratta comunque della fine di un’epoca, di come si sia giunti a compimento anche se tra alti e bassi, difetti e incazzature. E’ la meta di un viaggio che ci ha accompagnato per tanti anni. Ben 8, per la precisione, in cui l’eventualità di qualche svista, può anche essere perdonata.
Questi personaggi, hanno fatto parte della nostra vita in un mondo che noi stessi abbiamo accettato come possibile. Ci sono stati vicini in momenti duri e anche in istanti di spensieratezza con i loro fallimenti, con i loro successi davanti a insormontabili avversità.
Nonostante l’ultima stagione de il Trono di Spade sia stata molto criticata, ringraziamo comunque ogni singola persona che ha lavorato per portare sullo schermo questa saga! Il motivo? Beh, è giusto così! All hail Bran the Broken!