Da quando il telescopio Kepler ha iniziato la sua attività, ha cambiato radicalmente il nostro modo di vedere il cosmo, fornendoci informazioni straordinarie sull’esistenza di altri pianeti in orbita attorno ad altri corpi celesti e regalandoci la possibilità sia di immaginare e anche di ricercare possibili tracce di habitat adatti alla vita, su questi esomondi; qualcosa che impressionerebbe lo stesso Giordano Bruno che per primo ipotizzò, secoli addietro, che sarebbero potuti esistere.
La notizia in merito pervenuta più di recente è relativa ad uno studio svolto sull’esopianeta noto col nome di K2-18b, e pubblicato su The Astrophysical Journal Letters, che mostra come questo pianeta potrebbe essere potenzialmente adatto alla vita. Vediamo meglio di che si tratta.
L’esopianeta K2-18b
K2-18b è un pianeta che orbita attorno alla stella nana rossa K2-18 (ovviamente!) che dista situata a circa 111 anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione del Leone. Esso percorre la sua orbita, situata all’interno della zona abitabile della stella, vale a dire a circa 22 milioni di km da essa, in un periodo di 33 giorni circa.
La sua scoperta rientra nell’ambito della seconda parte della missione Kepler e risale quindi al 2015, ed analisi già svolte allora ci hanno detto che ha una temperatura di equilibrio compresa fra -23 °C e 30°C e che la sua massa è circa 8,6 volte superiore a quella della Terra mentre il suo diametro è 2,6 volte maggiore di quello terrestre. Basandosi dunque su questi valori, si ricava che la sua densità risulta di circa 2,7 g/cm3, che è un valore intermedio fra quello della Terra e e quello di Nettuno, per cui potrebbe essere catalogato come una superterra o un mininettuno senza superficie solida.
Come però riportato sul sito di MediaINAF di recente un team di ricerca dell’Università di Cambridge, guidato da Nikku Madhusudhan, ha utilizzato la massa, il raggio e i dati atmosferici disponibili sull’esopianeta per generare diversi modelli della sua struttura compatibili con le osservazioni. Tali analisi hanno portato il team a concludere che il pianeta, al di sotto della sua atmosfera ricca di idrogeno, potrebbe ospitare acqua liquida in condizioni di abitabilità.
Per prima cosa i ricercatori hanno rianalizzato lo spettro di assorbimento del pianeta, ottenuto durante il transito di K2-18b davanti al disco della sua stella. Il modello utilizzato assume che l’atmosfera sia in equilibrio idrostatico, che sia cioè stabile e non si disperda dal pianeta, ma che anzi la sua pressione e la gravità del pianeta si bilancino e siano dunque in equilibrio; e considera anche la possibile presenza di nubi e aerosol; come riportato da mediainaf, il risultato è stata la conferma della presenza di vapore acqueo in un’atmosfera ricca d’idrogeno con poco metano e ammoniaca, oltre alla sostanziale assenza di nubi e aerosol. Partendo da questi nuovi risultati e dai valori di massa e raggio, sono stati calcolati dei modelli della possibile struttura interna del pianeta usando 4 strati: un nucleo di ferro circondato da un involucro di roccia, inglobato da un guscio d’acqua il tutto all’interno di un’atmosfera di idrogeno ed elio.
Come conclude quindi il sito dell’istituto nazionale di astrofisica, è possibile che l’esopianeta K2-18b possa ospitare forme di vita, ma per raggiungere un minimo grado di sicurezza saranno necessarie ulteriori osservazioni dello spettro della sua atmosfera. Vale comunque la pena sottolineare che, anche nei modelli più favorevoli, su K2-18b sarebbero sì possibili forme di vita, ma solo di tipo acquatico.
Forse i delfini torneranno qui quando ci lasceranno, ringraziandoci di tutto il pesce!
FONTI:
MediaINAF: per la notizia;
Wikipedia: per dati tecnici.