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Emanuela Valentini, intervista all’autrice de “Le Segnatrici”

Sta spopolando in Italia e all’estero il nuovo thriller made in Italy di Emanuela Valentini. I diritti de Le Segnatrici, pubblicato da Piemme, sono già stati acquisiti in ben dodici paesi e la sua corsa non sembra volersi fermare.

La storia ruota intorno al ritrovamento del corpo di una bambina, scomparsa molti anni prima, che spinge Sara a fare ritorno al paese della sua infanzia, arroccato tra le montagne dell’Appennino emiliano. Qui si troverà ad affrontare lo spettro di un passato che ha cercato per tutta la vita di seppellire, memorie costellate di tradizioni antiche, traumi e un rimorso lacerante per non essere riuscita a salvare la sua amica. Sentimenti che torneranno prepotentemente a galla quando una nuova sparizione dà il via a una caccia all’uomo cui lei, suo malgrado, non potrà sottrarsi.

L’autrice riesce a trasportare il lettore in luoghi tanto vicini a noi quanto sconosciuti, nel fitto di un bosco venato di mistero, tra case di pietra dentro cui ancora si pratica la Segnatura, un rimedio arcaico che si dice possa guarire le ferite del corpo e della mente. Il Bosone ha avuto l’onore di poterla intervistare.

Innanzitutto, grazie per aver accettato di partecipare a questa intervista. Per cominciare, dicci un po’ di te: chi è Emanuela Valentini e come è nata l’idea de Le Segnatrici?

Grazie per l’accoglienza! Chi sono io? Come direbbe Mandela sono una sognatrice che non si è arresa, una testa dura insomma. E poi però sono anche una femminista vegetariana, un’appassionata di fotografia, un’antispecista convinta, una pessima cuoca e molto altro.

Leggendo il romanzo, uno degli aspetti che rimane subito impresso è l’agilità con cui riesci a caratterizzare i personaggi, sia principali che secondari. Ce n’è uno a cui sei particolarmente legata?

Il mio amore è Emilia. Ho il tarlo della poliziotta problematica. Giro intorno a questo personaggio da anni ormai. Emilia fa parte di un progetto per un romanzo sui suoi trascorsi, una sorta di prequel che spero di realizzare, magari tra un anno, chissà. Per il resto non occorre spiegare che amo tutto il cast dei personaggi che ho creato, basti pensare che per realizzare Sara ho attinto a piene mani dalla mia stessa vita… 

Le Segnatrici è il tuo primo thriller. Come mai proprio questo genere? E’ stato difficile per te cimentarti con i nuovi stilemi e archetipi narrativi?

Un grandioso laboratorio di scrittura. Non sono un’autrice statica, negli ultimi anni ho viaggiato nei generi proprio perché mi piace imparare e fare nuovi percorsi. Il thriller lo stalkeravo da un po’, ma non ero ancora riuscita a trovare l’idea giusta per farne uno alla me, uno che mi somigliasse. E quando è arrivato lo spunto per Le Segnatrici e il mio agente ha detto: “urka, vai!” Mi ci sono buttata a capofitto. Due anni di lavoro, studio, scalette, appunti, sbrocchi. Una grandissima soddisfazione.

Chi sono i tuoi punti di riferimento? Quegli scrittori che secondo te ti hanno aiutata a formarti come professionista?

In generale i classici. Sono cresciuta con loro e per classici intendo proprio Wilde, Dickens, Stevenson, Baum. Questi qua. Amo autori anche più antichi e anche più moderni però. Tra i moderni metterei Ende, Pullman, Nix, Stroud, Calvino. Per il thriller mirato ho studiato Dicker e Weaver. L’impostazione del romanzo non mi preoccupa, noi italiani ce l’abbiamo nel sangue, quello che ho imparato dagli stranieri è l’action serrata da film poliziesco, come fare filtrare l’ansia tra le righe, come aggiungere pressione sul lettore insomma. E mi pare che questo super mix abbia funzionato!

Ultima domanda: progetti per il futuro? Puoi darci qualche anticipazione?

Un nuovo romanzo in cantiere! Un nuovo thriller. Qualche anticipazione appena potrò!

Grazie a nome di tutta la redazione e dei lettori de Il Bosone e in bocca al lupo per i tuoi prossimi romanzi!

Grazie a voi per lo spazio che mi avete dedicato!

le segnatrici

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