Ci sono diversi tipi di fan del fantasy. Ci sono i fan dei grandi classici come The Lord of the Rings o Narnia, i fan del fantasy più ‘moderno’ come Harry Potter o Shadowhunters, ed una combinazione di questi due tipi. Le ragioni di queste differenze – perché, ad esempio, uno che abbia amato Tolkien apprezzerà probabilmente anche Lewis, mentre potrebbe storcere il naso leggendo Clare – sono molte, ma un ottimo candidato sono le importanti divergenze fra le diverse tipologia del Sistema Magico delle diverse opere.
Cosa è un sistema magico?
Un “sistema magico” è l’insieme di tutte le regole e limitazioni per la magia – o, più in generale, per ogni capacità sovrumana – che hanno effetto in un determinato universo. è importante notare come si parli tanto di ‘regole’ – dunque di spiegazioni sul perché e come un tale potere esista e funzioni – quanto di ‘limitazioni’ – fino a che punto possono spingersi queste capacità?
Facciamo qualche esempio. In Harry Potter, conosciamo abbastanza bene le regole del gioco: la magia viene praticata (perlopiù) con bacchette, viene attivata da specifiche parole, ha effetti ben precisati dai singoli incantesimi (ad esclusione degli Expelliarmus multi-uso di Potter: un giorno incantesimo disarmante, un altro difesa dall’Anatema che Uccide). Un mago senza bacchetta è (a meno che non sia Silente, Voldemort o pochi altri) in sostanza un umano come gli altri.
Le leggi di Sanderson
Proprio su questa dualità (diritti e doveri, se vogliamo) si basa un’analisi molto precisa fatta da Brandon Sanderson. Sanderson è un autore fantasy nordamericano di notevole successo: sua è, ad esempio, la saga Mistborn. Nel 2007, Sanderson scrive una serie di tre saggi dedicati a tre ‘leggi’ del fantasy – e dei sistemi magici – che, secondo lui, sono ottime rules of thumb per costruire universi funzionanti e coinvolgenti.
L’idea di base è che un sistema magico debba essere “divertente da scrivere, divertente da leggere e solido a livello narrativo”. Di conseguenza, riflette Sanderson, ci dovrà essere un sistema molto preciso di pesi e contropesi nel definirne regole e limitazioni. A partire da questa intuizione costruisce le tre leggi. In questo articolo (che sarà seguito da altri due) partirò dalla prima legge, vedendola applicata a diversi esempi di sistemi magici.
La prima legge: un complicato sistema di specchi e leve
“La possibilità per lo scrittore di risolvere un conflitto con la magia è direttamente proporzionale a quanto il lettore comprende il sistema magico.”
In altre parole, c’è una relazione diretta fra quanto ‘chiaro’ è il sistema magico al lettore e quanto l’autore può usare la magia per risolvere problemi. Lo scopo di questa legge è abbastanza semplice: si vuole evitare che la magia diventi un Deus Ex Machina che romperebbe il climax narrativo. Riprendendo un esempio di Sanderson, Gandalf non fa levitare Frodo fino a Monte Destino con la magia per assicurarsi che si sbarazzi dell’Anello. Una simile risoluzione del ‘problema’ sarebbe suonata artificiosa, debole – avrebbe rotto il delicato equilibrio della storia. Insomma, sarebbe stata una soluzione facilona, un ‘intervento’ della magia di gran lunga sproporzionato rispetto alla comprensione che il lettore di Tolkien ha della magia del suo universo. Non è mai troppo chiaro ciò che Gandalf possa o non possa fare; di conseguenza, è bene che queste sue capacità ‘misteriose’ non siano esattamente ciò di cui si ha bisogno per risolvere il conflitto. Il risultato, altrimenti, sarebbe una storia fragile, che non gode di una vita propria ma sembra tenuta in vita con il nastro adesivo.
Al contrario, prendiamo ad esempio The Legend of Korra, la seconda stagione della serie americana Avatar. Korra è l’avatar, dunque è in grado di manipolare tutti e quattro gli elementi con notevole abilità. Sappiamo che ogni singolo “dominio” richiede movimenti di un certo tipo: per dominare la terra le ‘mosse’ devono essere decise, le braccia e le gambe devono ‘scattare’ nell’aria; per dominare l’aria, al contrario, è necessario muoversi ‘come il vento,’ fluidamente; e così via. Dunque succede più di una volta che Korra, nella storia, rimanga ‘bloccata’, che non possa più dominare – perché le tengono ferme le braccia, ad esempio. In tal caso, non può semplicemente ‘invocare’ gli elementi e contrattaccare: è costretta a trovare un modo originale per liberarsi e poter dominare di nuovo, è costretta cioè ad utilizzare l’ingegno e la creatività, abilità differenti dal suo potere. Il sistema magico di Avatar è più vicino a quello che potremmo definire un sistema “hard”, dove cioè le regole e le limitazioni sono esplicite e ben definite. Il sistema di Tolkien è invece “soft”: non è ben noto quanto in là possa spingersi il potere di uno Stregone. Proprio perché il sistema di Avatar è “hard,” gli autori possono spingersi fino ad utilizzare la magia come soluzione a problemi: tipicamente, tanto in The Legend of Aang quanto in The Legend of Korra si tratta di far passare l’avatar di turno in “Avatar State,” uno status spirituale avanzato in cui la coscienza degli avatar precedenti convoglia energia nel corpo dell’avatar attuale e gli permette di compiere ‘prodigi’ altrimenti impossibili – come cancellare l’influenza di un bloodbender o simili. Questo non risulta forzato perché è ben noto che possa succedere e in quali situazioni (tipicamente, un forte stress psicologico-emotivo). Proprio perché i paletti sono ben piazzati, si può procedere ad utilizzare la ‘magia’ in quello che altrimenti sarebbe un evidente Deus Ex Machina.
Le restanti leggi
Sanderson ha scritto e pubblicato altri due saggi, contenenti altre due leggi sul funzionamento dei sistemi magici e sul loro rapporto con la narrativa. Chiaramente, non si devono considerare come ‘comandamenti’ – sono contestabili e perfettibili, anche in virtù della loro età (2007). Sanderson stesso narra di averci pensato per la prima volta durante una discussione fra autori ad una convention di fantasy e fantascienza: durante il dibattito si è scontrato più volte con l’idea che la magia non debba avere regole, idea che ha deciso di smentire con la redazione di questi saggi. Ci si può dunque aspettare che la maggioranza della letteratura fantasy – quantomeno precedente a Sanderson e all’ultima ‘generazione’ – non rispetti queste leggi. Casi di Deus Ex Machina ‘magici’ sono presenti più o meno ovunque, tanto grandi quanto minori. Nonostante ciò, sono sicuramente indicazioni importanti e interessanti per riflettere sulla componente più fondamentale di un universo fantasy: la magia.