Tecnologia

Tecnologie Quotidiane nate dalla ricerca spaziale

A cosa serve cercare l'acqua su Marte? A migliorare - anche - la vita quotidiana di tutti noi.

Ogni volta che parliamo di esplorazione dello spazio c’è sempre qualcuno che monta le polemiche sullo sperpero di denaro. Dopo il “mezzo fallimento” di Schiaparelli, il lander europeo che si è schiantato su Marte, si è di nuovo risvegliato il popolino populista e poco lungimirante che già aveva alzato il ditino in occasione di New Horizon, della scoperta sperimentale delle onde gravitazionali o di altre tecnologie e missioni spaziali. La domanda che questi si fanno è, di solito, sempre la stessa: Perché spendiamo tutti ‘sti soldi nella ricerca spaziale per cercare l’acqua su altri pianeti e poi in Africa i bambini muoiono di fame e di sete?

Facciamo salve le buone intenzioni verso il prossimo, ma il problema di questa gente è che hanno una visione veramente molto corta nel tempo. I programmi di ricerca spaziale, così come tutti i programmi di ricerca, possono non avere una ricaduta immediata sulla vita quotidiana di ciascuno di noi, ma sono lo stimolo indispensabile e impagabile per acquistare nuove conoscenze che porteranno in un futuro neanche tanto lontano allo sviluppo di soluzioni pratiche a problemi concreti e quotidiani qui sulla Terra.

Fatta questa piccola ma necessaria precisazione, vogliamo rispondere una volta per tutte a quelli che non alzano mai la testa verso il cielo ma la tengono sempre attaccata allo schermo del loro smartphone per criticare i programmi di esplorazione e ricerca spaziale. Come? Smentendoli nel merito: ci sono infatti un sacco di tecnologie usate quotidianamente che sono nate sotto l’impulso dato dalla ricerca spaziale, che hanno migliorato la nostra vita e che usiamo senza neanche sapere che “vengono dalle stelle”. Vi proponiamo una piccola lista di esempi. Cominciamo.

LE TECNOLOGIE SPAZIALI DI OGNI GIORNO

La fotocamera del vostro smartphone
Siete tipi che si fanno i selfie con le labbra ad ano di gallina che poi postate su Instagram? Bene, se lo potete fare – o se più semplicemente potete comodamente immortalare i momenti belli della vostra vita, è anche per le  necessità sorte con il programmi di esplorazione e ricerca spaziale. Quando mandi nello spazio un telescopio o una sonda per fare foto, non puoi certo equipaggiarle con una macchina fotografica dotata di rullino: chi diavolo può andare a recuperare i negativi e svilupparli? Quelle foto devono diventare segnali elettrici da trasmettere a terra: di fatto, nasce lì la fotografia digitale. Non a caso, uno dei più usati sensori digitali per la cattura e la miniaturizzazione delle immagini in dimensioni contenute senza perdere di qualità, il CMOS-aps, è nato alla NASA nel 1990. Pensateci la prossima volta che vi fate un selfie: magari eviterete di fare espressioni idiote.

Pannelli solari
Questa è facile: un sacco di sonde e telescopi orbitali, persino la stessa Stazione Spaziale Internazionale, hanno dei riconoscibilissimi pannelli solari per provvedere all’alimentazione delle strumentazioni. Noi non ci pensiamo tanto perché sulla Terra abbiamo molte fonti di energia, ma nello spazio non è così: c’è il Sole e basta. Allora è necessario produrre celle fotovoltaiche che abbiano un’efficienza sempre maggiore. Questo tipo di progresso può essere tranquillamente trasferito sul tetto di edifici pubblici e abitazioni private, riducendo progressivamente l’uso dei classici combustibili fossili e quindi fare bene a tutta la popolazione, non solo ai bambini africani.

Elettrodomestici senza fili
Fra i molti obiettivi delle missioni Apollo ce n’erano alcun molto più tangibili del mettere un piede sulla Luna. C’era anche il prelevare campioni e fare piccoli carotaggi del suolo lunare. Ora immaginatevi di essere sulla Luna, dover fare un buco nella roccia e non trovare la presa di corrente per il trapano… Esatto, un oggetto comunissimo oggi come il trapano senza fili è nato per permettere agli astronauti della NASA di fare il loro mestiere e, un giorno, per consentire a Bruce Willis di trapanare un asteroide e salvare la Terra (bambini africani compresi).

Filtri per l’acqua
Ecco una soluzione che permette davvero di fare qualcosa per i fin troppo citati bambini africani: i sistemi di filtraggio e riciclo dell’acqua – una risorsa preziosa sulla Terra e ancor più inestimabile nello spazio – continuano a migliorare e a rendere potabile acqua che altrimenti bisognerebbe scartare proprio perché anche gli astronauti devono bere… Acqua che hanno già bevuto. Dai primi strumenti degli anni ’60 fino ad oggi, si sono fatti molti passi avanti.

Google Maps si aggiunge alla lunga lista di tecnologie nate dalla ricerca spaziale

Occhiali da sole fotocromatici
“C’è chi si mette degli occhiali da sole / Per avere più carisma e sintomatico mistero”, cantava Franco Battiato. Oscurare una lente non è poi sta grandissima novità, ma le lenti fotocromatiche, cioè quelle che si oscurano da sole in base alla quantità di luce presente nell’ambiente, è invece una cosa molto più complicata. E questa tecnologia, che protegge i nostri occhi nel migliore dei modi, è nata per essere applicata sugli oblò delle navicelle spaziali della NASA.

Abbiamo riportato solo 5 oggetti, ma ce ne sarebbero molti altri, a cominciare da servizi come il GPS e Google Maps che basano tutta la loro funzionalità sulla disponibilità di satelliti sopra le nostre teste. Abbiamo volutamente evitato di riportare altre tecnologie che poi hanno trovato applicazione pratica in ambito medico (come alcuni componenti della TAC, per esempio), perché il nostro obiettivo era quello di mostrare quanto qualcosa che percepiamo così lontana da noi sia in realtà così vicina, nella nostra vita di tutti i giorni.

Per quelli che vogliono approfondire la questione, vi rimandiamo al sito sugli spin-off della NASA. Ne vedrete delle belle.[vc_message icon_fontawesome=”fa fa-comment” css_animation=”bounceIn”]Ti è piaciuto questo articolo? Facci sapere cosa ne pensi! Lascia un commento qui sotto o scopri ulteriori contenuti cliccando o navigando il nostro Menù. E se ciò non dovesse bastare, considera la possibilità di scrivere un articolo di risposta! Invialo a redazione@ilbosone.com seguendo le istruzioni riportate nella pagina Collabora.[/vc_message]

Mario Iaquinta

Nato da sua madre “dritto pe’ dritto” circa un quarto di secolo fa, passa i suoi anni a maledire il comunissimo nome che ha ricevuto in dote. Tuttavia, ringrazia il cielo di non avere Rossi come cognome, altrimenti la sua firma apparirebbe in ogni pubblicità dell’8×1000. Dopo questa epifania impara a leggere e scrivere e con queste attività riempie i suoi giorni, legge cose serie ma scrive fesserie: le sue storie e i suoi articoli sono la migliore dimostrazione di ciò. In tutto questo trova anche il tempo di parlare al microfono di una web-radio per potersi spacciare per persona intelligente senza però far vedere la sua faccia. Il soprannome “Gomez” è il regalo di un amico, nomignolo nato il giorno in cui decise di farsi crescere dei ridicoli baffetti. Ridicoli, certo, ma anche tremendamente sexy, if you know what I mean…
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